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Attacco alle banche, per commissariare l’Italia entro il 2017

La Germania tenta il colpo grosso: commissariare l’Italia entro il 2017. Come? Imponendo alle banche di disporre di capitali aggiuntivi (che non possiedono) per poter garantire i titoli di Stato, cioè la linfa del bilancio. Dall’europarlamento di Bruxelles, Marco Zanni denuncia una grave minaccia di cui nessuno ha ancora parlato: il tentativo di commissariamento di Roma entro il 2017 da parte della Germania, nascosto in un emendamento all’articolo 507 del Regolamento sui requisiti patrimoniali delle banche. «È necessario diffondere il più possibile questa nuova minaccia, ancora una volta nascosta nelle pieghe di una incomprensibile burocrazia nata specificamente per mascherare ai cittadini le tecniche di controllo delle democrazie del sud Europa», afferma Claudio Messora su “ByoBlu”. «Di fatto è un tentativo che denunciammo già dal 2014 – dice Zanni – da quando ho iniziato ad occuparmi di regolazione bancaria a livello europeo e di tutto quel pacchetto regolamentare che noi in Italia – purtroppo a nostro discapito – abbiamo imparato a conoscere bene e che cade sotto il nome di “Unione Bancaria” o “Banking Union”». Unione Bancaria, ovvero quell’insieme di regole, per le banche dell’Eurozona, che si basa principalmente su tre pilastri: supervisione unica, “risoluzione del rischio” e assicurazione sui depositi.

La supervisione unica delle grandi banche all’interno dell’Eurozona è affidata al “Single Supervisory Mechanism”, cioè «quel braccio della Bce che deve supervisionare la corretta applicazione delle regole e la corretta patrimonializzazione delle banche». Angela MerkelFamigerato, poi il “Meccanismo di Risoluzione Unico”, «di cui fa parte la famosa regola del bail-in», di ci hanno fatto le spese i correntisti delle banche di Arezzo, Ferrara, Chieti. Manca ancora il “terzo pilastro”, cioè «un’assicurazione comune sui depositi di tutte le banche che cadono sotto questo cappello». Cosa sta accadendo dal 2014, da quando questo sistema sta entrando in vigore? «Queste regole sono state plasmate per distruggere il sistema bancario italiano e spingere il nostro paese a dover richiedere aiuto a istituzioni europee che – purtroppo – abbiamo imparato a conoscere bene», afferma Zanni. L’europarlamentare denuncia l’Omt della Bce: l’Outright Monetary Transactions è «la traduzione pratica di quel “whatever it takes” detto fin dal 2012 da Mario Draghi, cioè il fatto che la Bce farà di tutto per salvare l’euro». In più, incombe la richiesta di ricorrere all’“aiuto” del Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità, già denunciato (anche da Messora) «per la sua struttura criminale», che oggi «diventa una possibilità concreta per “mettere in sicurezza” il sistema bancario».

«Quest’attacco all’Italia – continua Zanni – è partito attraverso questo insieme di regole che si chiama “Unione Bancaria”. E
poche settimane fa è stato fatto un passettino in avanti per affossare ancora di più il sistema bancario italiano, per attaccare i titoli del nostro debito pubblico e costringere inevitabilmente il governo italiano a intraprendere due strade, che portano entrambe inevitabilmente al commissariamento da parte della Troika». Secondo Zanni, ci aspettano «l’attacco, la speculazione sul debito pubblico e quindi la richiesta di Omt, con conseguente arrivo della Troika», o in alternativa «il collasso inevitabile del sistema bancario italiano, con la richiesta di ricapitalizzazione del sistema tramite il Mes, quindi le condizionalità annesse e infine l’arrivo della Troika». Allarme rosso, per l’europarlamentare ex grillino: «Questo è quello che sta succedendo oggi all’interno delle istituzioni europee, nel più totale silenzio dei nostri media». Stampa e televisione «di questo non parlano, preferiscono disquisire di una fasulla diatriba tra Roma e Bruxelles sullo 0,2% del Pil, su questa manovra correttiva da 3-4 miliardi di euro. Qui invece sono in gioco decine di miliardi di euro».

Fonte: Libre di Giorgio Cattaneo

“Caro Stakeholder, le leggi dell’Ue le facciamo solo per te”

«Ripetiamo tutti insieme alla lavagna: nell’Unione Europea le leggi che contano le fa la Commissione di Bruxelles. I Parlamenti degli Stati dell’Unione non possono farci nulla, ma solo adottarle supini. Se si rifiutano, Bruxelles ha ogni possibile via legale e monetaria per bastonarli al punto di sottomissione». Le leggi che contano davvero, per cittadini e imprese, vengono scritte dalla Commissione su parere degli “stakeholders”, sottolinea Paolo Barnard. «E tutto si gioca qui. Ti chiedo: tu sei uno Stakeholder che dà il suo parere sulle leggi Ue che ti fanno? Ti risulta di esserlo?». La storia, ricorda il giornalista, inizia nell’anno Duemila, quando l’allora giovane inviato di “Report”, Rai Tre, mette insieme l’inchiesta ‘I globalizzatori”,  che – ormai 17 anni fa – raccontava «tutto quello che oggi scoprono Sgarbi, Minzolini, Salvini, Borghi, Sapelli, Savona, Farage, alcuni “grullini” e codazzo cantante». La notizia principale era questa: «Era la Commissione Europea di Prodi a fare le leggi che contano per noi, ma noi ne sapevamo qualcosa? Ci veniva chiesto di leggerle o di farle leggere ai nostri parlamentari, sindacati, Ong, associazioni di categoria?».

La risposta di Prodi? Lunare: «Qui a Bruxelles abbiamo un sistema che si chiama Sis, attraverso cui tutti gli attori, dalla mega-banca al cittadino, vengono informati delle leggi che proponiamo e votiamo». Al che, Barnard torna in Italia e interpellaJean-Claude Junckersindacati, Ong, operai, associazioni di categoria. «Sis? Non ci risulta: che roba è?». Aggiunge oggi lo stesso Barnard, sul suo blog: «Quell’inchiesta rivelava poi molto di peggio, e cioè quali erano le lobby delle corporations che addirittura ordinavano alla Commissione quali leggi fare». Passati 17 anni, fatto l’euro, sfornate milioni di info sul “mostro” chiamato Unione Germanica Europea, nascono in Europa i movimenti anti-Bruxelles e anti-euro, come se la Commissione fosse ormai sotto assedio. Davvero? Nemmeno per idea: al posto del Sis ora ci sono l’Inception Impact Assessment e la Roadmap. «Sono la versione moderna del Sis. Ma molto più con la faccia come il culo del Sis, che almeno su carta citava per nome chi avrebbe (falsamente) consultato: parlamentari, sindacati, Ong, associazioni di categoria».

Oggi, invece, l’Inception Impact Assessment e la Roadmap che precedono la promulgazione delle leggi sovranazionali che contano, varate dalla Commissione – quelle che hanno demolito la nostra economia europea e fatto scappare la Gran Bretagna – citano una sola entità che viene consultata prima di approvare una di quelle super-leggi: gli Stakeholder. «Cosa sono? Sono poteri finanziari e industriali, pari pari. Esempio: Mediobanca è uno Stakeholder del “Corriere della Sera”. Il mostro d’investimento BalckRock è uno Stakeholder delle Poste Italiane. Caltagirone, Warren Buffett, le Generali, Eni, Exor-Fiat, Vivendi sono Stakeholders. Poi, siccome la cosa era banalmente troppo spudorata per esistere, la Commissione Ue ha aggiunto in una nota anni fa che Stakeholders sono anche gli Stati e… chiunque abbia un interesse nelle leggi che fanno». Fantastico, no? E allora «mandiamo cartoline a casa dalle gente, alle piccole medie imprese, alle Ong, ai contadini, ai medici e infermieri, negozianti, baristi, metalmeccanici e gli chiediamo se hanno mai ricevuto questo tipo di comunicazione: “Caro Stakeholder…”».

Barnard cita, ad esempio, una delle lettere inviate agli Stakeholder, quelli veri. Il testo: «Caro Stakeholder, questa valutazione preliminare d’impatto ha lo scopo di informare le parti interessate circa il lavoro della Commissione, al fine di consentire loro di fornire un feedback sulle iniziative previste e di partecipare in modo efficace nelle future attività di consultazione». Non solo: «I soggetti interessati sono in particolare invitati a fornire opinioni sulla comprensione da parte della Commissione del problema e le possibili soluzioni, mettendo a disposizione tutte le informazioni pertinenti che possono avere, anche per quanto riguarda i possibili effetti delle diverse opzioni». E ancora: «La valutazione preliminare d’impatto è fornita solo a scopo Paolo Barnardinformativo e il suo contenuto potrebbe cambiare». Beninteso: «Questa valutazione non pregiudica la decisione finale della Commissione sul fatto che questa iniziativa sarà perseguita o sul suo contenuto finale».

A seguire, un testo di 3.182 parole. «“I bet you my fat ass”, direbbe un texano appoggiato al suo trattore, cioè: ci scommetto il culo che però gli Ad di Unicredit, Exor, Luxottica, Eni, Goldman Sachs, Hsbc, Siemes, Telefonica, Ubs, Amazon e soci le hanno ricevute eccome, e non solo», quelle sollecite e tempestive comunuicazioni preliminari. D’altro canto, aggiunge Barnard, «uno stuolo di 30 avvocati pagati 5.000 euro per ogni giorno di consulenza glieli hanno tradotti in ogni dettaglio e fatti capire. E non solo: così come faceva Prodi ai miei tempi, oggi Juncker aspetta il loro Ok, per poi sparare la legge sulla testa di tutti noi sfigati. Questa è la democrazia in Unione Europea. Magari vi serve saperlo». Morale della favola: i garbati distinguo dei nostri politici ma anche le sporadiche invettive verso Bruxelles «fanno venire il mal di pancia forse a un termosifone, se va bene», a fronte di un regime che è istituzionalmente “complice” degli Stakeholder, sulla testa di cittadini che ancora stentano a capire sotto che razza di super-dittatura sono finiti, e perché.

Fonte: Libre di Giorgio Cattaneo

L’Italia resta terra di conquista, non si vedono vie d’uscita

L’Italia obbedisce, da decenni, a “padroni” stranieri: americani, inglesi, francesi. L’ultimo capitolo, quello del Britannia, tra le macerie di Mani Pulite: via libera alla grande privatizzazione del paese, smantellando quello che ne era stato il principale volano economico, l’industria pubblica. Esecutori: Prodi, Amato, D’Alema, Ciampi, Padoa Schioppa. Ma l’ordine era partito dall’alto, dai dominus internazionali che, per gli affari “regionali”, potevano puntare su affiliati di ferro come Mario Draghi e Giorgio Napolitano. Via i ladri di Tangentopoli: al loro posto, obbedienti servitori per il progetto di sottomissione denominato Unione Europea, che si avvale della politica di rigore indotta dall’euro e imposta a tutti, tranne a banche e multinazionali. Austerity che trasforma lo Stato in una periferia indigente, senza più sovranità, costretta a elemosinare tasse sempre più soffocanti, col risultato – scontato – di deprimere l’economia: meno consumi, meno lavoro, meno reddito, erosione dei risparmi, crisi e disoccupazione dilagante, tagli a pensioni e sanità, svendita del patrimonio pubblico. E soprattutto: assenza di futuro, mancanza di alternative all’agonia di un paese da cui i giovani scappano, non si sposano più, non fanno più figli.

E’ il rimbalzo europeo dell’ondata neoliberista cavalcata da Reagan e Thatcher negli anni ‘80, cui – secondo un economista come Nino Galloni – l’Italia si allineò prontamente, staccando il “bancomat” di Bankitalia (allora retta da Ciampi) dal Tesoro, Massimo D'Alemadi cui era ministro Andreatta, un pioniere delle privatizzazioni. Travolti per via giudiziaria i leader della Prima Repubblica, discutibili e controversi ma arroccati sulla difesa della sovranità nazionale, fonte del loro potere, a rovinare la festa all’ex Pci – unica forza risparmiata da Mani Pulite – irruppe il Cavaliere, che però non andò oltre gli slogan (rivoluzione liberale, meno tasse) e si limitò a congelare la situazione, senza osare sfidare Bruxelles. Proprio gli interessi di bottega (Mediaset, Mondadori) resero Berlusconi vulnerabile, nel 2011, di fronte all’assalto finale della Troika, con l’imposizione del commissario Monti, sorretto anche dal Pd di Bersani fino all’inserimento nella Costituzione del pareggio di bilancio, norma esiziale che di fatto esautora definitivamente governo e Parlamento privandoli di ogni residua sovranità, rendendo le elezioni puro esercizio rituale, senza efficacia politica.

Dopo Berlusconi, Renzi: altro giro, altro abbaglio. Il suo programma: scritto, come gli altri, sotto dettatura. Consiglieri: Yoram Gutgeld, Marco Carrai, Michael Ledeen. Ispiratori: Tony Blair, e il Ceo di Jp Morgan, Jamie Dimon, con la collaborazione di Larry Fink, patron del maggior fondo d’investimenti del pianeta, BlackRock, a cui Renzi ha regalato una grossa fetta di Poste Italiane, azienda in super-attivo che all’Italia fruttava quasi mezzo miliardo all’anno. La riforma di Renzi? Il Jobs Act, su ordine dell’élite finanziaria, atlantica e tedesca, fanaticamente decisa a imporre ad ogni costo il dogma mercantilista: svalutare il lavoro in Europa per reggere la globalizzazione senza mai mettere a rischio i capitali, ma solo e sempre i lavoratori. Renzi però è caduto sul referendum: voleva una sola Camera elettiva, per un governo con più potere (più efficace, quindi, nell’eseguire direttive esterne senza “complicazioni” democratiche) ma gli italiani gli hanno detto no. Il super-potere, quelle riforme, le vuole. E continuerà a premere, sull’Italia ex-sovrana in balìa dell’euro, con l’arma del ricatto finanziario. Di fronte a elezioni anticipate, non emerge nessun Piano-B. I leader uscenti sono in crisi, gli altri sono deboli o non chiari. Nessuno pare in grado di imporre all’Europa di riscrivere, da cima a fondo, le regole che hanno devastato l’Italia, declassandola da potenza industriale a paese costretto a mendicare aiuti per il terremoto.

Fonte: Libre di Giorgio Cattaneo

Tagliare i viveri ai blog scomodi, la prima vittima è ByoBlu

«Stampatevi bene questa data nella testa: 27 gennaio 2017. Il giorno in cui gli effetti della campagna contro le cosiddette “fake news” (ma in realtà con l’obiettivo di colpire l’informazione libera e indipendente), orchestrata da Hillary Clinton, dal Parlamento Europeo, da Laura Boldrini, da Angela Merkel e da tutti quelli che hanno paura che l’informazione libera possa scalzare i loro privilegi e la loro posizione di forza, hanno iniziato a colpire anche in Italia, togliendo la linfa vitale della monetizzazione Adsense, con motivazioni che avrebbero del ridicolo o del tragicomico, se non rappresentassero qualcosa di ben più grave». Così Claudio Messora, dopo che il servizio pubblicitario di Google ha improvvisamente “tagliato i viveri” a “ByoBlu”, il più seguito video-blog indipendente italiano, che vive di donazioni e, appunto, delle inserzioni pubblicitarie “random” veicolate da Adsense. «Oggi è un giorno pesante, il più pesante per l’informazione libera e indipendente in Italia e nel mondo – dichiara Messora – da quando ho iniziato a fare questo “mestiere” del blogger, dieci anni fa».

Gli fa eco Pino Cabras su “Megachip”: «Fa molto bene Claudio Messora a sottolineare che il vero obiettivo della campagna contro le ‘fake news’ non erano certo quei cialtroni che infestano il web di notizie false, razziste e irresponsabili per Laura Boldriniacchiappare clic, che pure ci sono e da chissà chi sono mossi». No, il vero obiettivo politico era «ogni forma di dissidenza informativa, ogni voce non inserita in quell’oligopolio che controlla – con apparente pluralismo ma sostanziale totalitarismo – la galassia dei media tradizionali, un mainstream in radicale crisi di credibilità e ormai in modalità panico». Aggiunge Cabras: «Fa anche bene Messora a non fare tanti giri di parole quando fa i nomi dei maggiori artefici di questa sistematica volontà di censura, che stanno dentro le istituzioni e nelle aziende dominanti delle telecomunicazioni. Sono nomi che si muovono in un sistema legato mani e piedi al blocco d’interessi di cui Hillary Clinton sarebbe stata il maggiore garante, se non avesse subito il rovescio elettorale. E’ un blocco che ha una sua ideologia e che ha ancora molto potere: perciò vuole trasformare l’ideologia in misure concrete, mirate, inesorabili».

Così, accanto al “lavoro ai fianchi” ideologico (in cui «si fa aiutare persino da gente che crede di difendere la libertà»), questa galassia di controllori «fa un lavoro più sporco, inteso a prosciugare le risorse del dissenso». Oltre alle personalità e alle istituzioni citate da Messora, Cabras ricorda anche la Nato, un’organizzazione sempre più attenta a inserire nelle azioni di guerra anche la “guerra della percezione”: ha persino redatto un “Manuale di Comunicazione Strategica” che intende coordinare e sostituire tutti i dispositivi antecedenti che si occupavano di diplomazia, pubbliche relazioni anche militari,
sistemi elettronici di comunicazione (Information Operations) e, naturalmente, operazioni psicologiche (PsyOps). «Sono azioni coordinate ad ampio spettro, portate avanti da strutture dotate di risorse immani e che lavorano ventiquattr’ore su ventiquattro in coordinamento con i grandi amministratori delegati di imprese del calibro di Google».

L’offensiva è dunque in atto e viene da lontano, prende nota Cabras, attivo su “Megachip” e su “Pandora Tv”, voci libere nate su iniziativa di Giulietto Chiesa. Un’eminenza grigia molto importante dell’amministrazione Usa uscente, Cass Sunstein, anni fa scrisse un saggio in cui – oltre a teorizzare l’«infiltrazione cognitiva» dei gruppi dissenzienti, da perfezionare spargendo disinformazione, confusione, e calunnie – invitava il legislatore a prendere «misure fiscali» (diceva proprio così) contro i propugnatori delle “teorie cospirazioniste” e per l’assoluto divieto di esprimersi liberamente su quanto sia disapprovato dalle autorità, ricorda Cabras. «Ci siamo a suo tempo chiesti dove volesse andare a parare, il professor Sunstein. Voleva dire che chi dissente paga pegno allo Stato? E come diavolo doveva chiamarsi questa nuova imposta? All’epoca erano misteri e deliri di un professore di Harvard, un costituzionalista che ripudiava i capisaldi della Costituzione scritta americana. Ma nel frattempo quel delirio si è fatto strada e si è fatto sistema di potere. E’ bene ricordarlo a quelli che si scandalizzano per Trump senza accorgersi che le ossessioni contro la libertà di espressione hanno colonizzato le istituzioni e i media in cui hanno riposto fiducia, anche a casa Clinton e a casa Obama. Oggi attaccano “Byoblu.com”. Ma sarà presto un attacco contro tutti i dissidenti. E’ una questione già maledettamente seria». In pericolo il pluralismo: è scattato un “maccartismo 2.0”, «un’isteria che vuol fare tabula rasa dell’informazione non allineata».

Piovra invincibile? La teoria del complotto aiuta il potere

La teoria del complotto? E’ perfetta, per il potere: se il “nemico” è onnipotente, imbattibile, tanto vale lasciar perdere e non provare nemmeno a sfidarlo, sarebbe inutile. «C’è una corruzione semantica: si usa abilmente la parola complotto quando si dovrebbe usare il termine da sempre utilizzato, cioè sfruttamento», sostiene il blog “La Crepa nel Muro”. Chiaro, no? Del resto, la parola “complotto” «è più astratta, più ad effetto, più intrigante», quindi «devia la mente delle persone e in qualche modo le affascina, le fa sognare creando quel clima di suspence da romanzo giallo». Di fatto, «invita la gente a rincorrere le teorie più strampalate, più suggestive, costruite ad arte con le combinazioni più fantasiose che legano tra loro le coincidenze più distanti», evocate apposta, «con affettazione, per impressionare». Risultato, nessuno muove più un dito: «Si paralizzano in tal modo le azioni delle masse, che non sanno contro chi prendersela», e questo aiuta a «nascondere i furbi di ogni tempo», quelli che «sanno abilmente approfittare di questa situazione di degrado e ignoranza collettiva, alimentandola costantemente per avvantaggiarsene».

Oggi, in realtà – scrive “Aramires Araras” – ci sono semplicemente gli approfittatori del sistema, quelli di sempre ma con armi più raffinate», che sono «i banchieri, i grandi finanzieri, i personaggi a capo delle multinazionali» che hanno in pugno Complottismo«l’economia, la politica e tutti i poteri mondiali». Hanno un immenso potere, certo, «perché è la gente che glielo consegna». Siamo noi, «lavorando per loro incoscientemente», che riusciamo ad «alimentare il sistema dal basso». Non ci vorrebbe molto a capire il meccanismo, ma è meglio non farsi illusioni: «Questo risveglio è un’utopia, non avverrà mai», sostiene “Araras”, «innanzitutto perché l’ignoranza è una malattia congenita dalla quale la massa non potrà mai guarire». E poi, soprattutto, «perché la gente deve mangiare, deve vivere», quindi «ha bisogno del denaro, della finanza, del conto in banca, della carta di credito, delle transazioni on line». Ha necessità di «prendere l’aereo, andare in vacanza, fare la spesa al centro commerciale». E ha bisogno «dei prodotti per la casa, di pagare il mutuo, l’elettricità e gli altri consumi», ha “bisogno” «di guardare la televisione, di navigare in Internet, di parlare al cellulare, di andare in macchina, di fare sesso, di andare in discoteca, di riscaldarsi per l’inverno e rinfrescarsi per l’estate».

Questa è la società, sintetizza il blog: «Senza queste cose crollerebbe». Ma tutto ciò «non può essere controllato dalla collettività», perché il sistema è troppo complesso per essere gestito da una moltitudine, «ed ecco allora che si crea la paralisi». Qualcuno prova a contrastarlo? Il sistema «dorme su dieci cuscini e se la ride di tutti coloro che, come noi, gli inveisce contro o grida impotente e puerilmente al complotto». Poi, certo, la crisi può deflagrare: «Quando il sistema, cioè la società che gira nel modo suddetto, entra in saturazione e non ce la fa più a ruotare, si scatenerà una guerra, sempre gestita dai suddetti signori, perché costoro hanno in mano anche gli apparati militari». Anche in caso di conflito armato, comunque, «ci sarà la manovalanza – costituita dai soldati che prendono lo stipendio – che puntualmente eseguirà gli ordini: e così la ruota ripartirà». Soluzioni? Guardarsi innanzitutto “dentro”. E maneggiare con cura le più ardite “teorie del complotto”, specie se troppo fantasiose: i famosi “rettiliani” di David Icke servono solo a screditare pubblicamente chi ci crede (insieme ai “complottisti” seri) nonché a consolidare l’immagine di un nemico mostruoso, dunque invincibile.

Fonte: Libre

India: laboratorio mondiale per la demonetizzazione forzata

Oltre mezzo miliardo di indiani costretti ad aprirsi un conto in banca, quindi a far guadagnare le banche e a farsi controllare, al centesimo. Tutto questo da due mesi a questa parte, con l’improvvisa soppressione del cash a favore della moneta elettronica. «Pensavo che un esperimento del genere compiuto nel corpo vivo di una nazione di 1.276 milioni di abitanti, con oltre 3 milioni di chilometri quadrati, con la bomba atomica e situata in una posizione strategica (sia geopoliticamente che economicamente e finanziariamente), avrebbe richiamato l’interesse di qualche guru dell’economia, specialmente di sinistra», scrive Piero Pagliani. «Invece niente», nessuno si è accorto dell’enormità che sta avvenendo. In compenso, il magnate statunitense Steve Forbes ha definito la “demonetizzazione” indiana «nauseante e immorale, una rapina di massa», paragonandola alla politica di sterilizzazione forzata voluta da Indira Gandhi. Tutto è partito l’8 novembre scorso, quando il governo nazionalista indù retto da Narendra Modi ha dichiarato fuori corso tutte le banconote da 500 e 1.000 rupie (ovvero 7 e, rispettivamente, 14 euro). «Questo è equivalso a mettere fuori corso circa l’80% del denaro circolante».

Gli indiani, ricorda Pagliani su “Megachip”, avevano due settimane di tempo per cambiare le loro banconote ormai “illegali” con quelle da 500 e 2.000 rupie, «facendo esasperanti code agli sportelli bancari dove sono morte decine di persone per infarto India denaroo collasso, o prelevare ai bancomat». Prelievi comunque limitati, «solo fino a uno striminzito tetto massimo di 2.000 rupie, poi elevato a 4.000», cioè 55 euro. Pagliani denuncia «gli effetti di questa violenta demonetizzazione sui milioni di piccoli operatori economici che costituiscono il fitto tessuto economico indiano». Considera l’operazione «un enorme regalo alle banche che ha aspetti di sadismo sociale in una nazione di milioni di piccoli operatori economici». Si parla infatti di «centinaia e centinaia di milioni di persone danneggiate e a volte minacciate fin nella loro esistenza fisica e in quella dei loro familiari». In pratica, almeno 800 milioni di persone «gettate nella difficoltà e a volte nella disperazione», che oltretutto «sono solo un’avanguardia, una prima tranche». Infatti, «la mossa di Narendra Modi è un esperimento in grandissimo stile di un piano ben più generale portato avanti da potenti interessi radicati negli Stati Uniti e con vaste diramazioni internazionali».

L’operazione, continua Pagliani, «è parte della politica di partnership strategica tra Usa e India, fortemente voluta dal presidente uscente Barack Obama». Più precisamente, «costituisce uno dei protocolli di cooperazione firmati tra il ministero indiano delle finanze e l’agenzia governativa statunitense Usaid». La manovra, aggiunge Pagliani, fa capo alle linee di azione della “Better Than Cash Alliance”, di cui fanno parte Mastercard, Visa, la Fondazione Ford e la Fondazione Gates, che agiscono anche individualmente, ad esempio proprio nell’iniziativa che ha colpito l’India. Non a caso Bill Gates era in visita in quel paese proprio in quei giorni e rilasciava dichiarazioni di sostegno alla demonetizzazione: «La moneta di plastica è il futuro in India». Ma uno dei padrini nascosti di questa manovra, spiega Pagliani, è Raghuram Rajan, governatore della Reserve Bank indiana fino a due mesi prima dell’annuncio a sorpresa che ha scioccato gli indiani. «Questo signore ha un passato come economista capo all’Fmi, è professore di economia all’Università di Chicago (culla accademica del neoliberismo) ed è membro del Gruppo dei Trenta» dove, spiega Norbert Haering, «rappresentanti di alto livello delle maggiori istituzioni Narendra Modicommerciali finanziarie a livello mondiale condividono opinioni e piani coi presidenti delle più importanti banche centrali, a porte chiuse e senza nessun verbale».

Raghuram Rajan è considerato un possibile successore di Christine Lagarde alla guida dell’Fmi: «Si sta conquistando il merito sul campo». Aggiunge Pagliani: «Se consideriamo il tessuto produttivo e commerciale indiano, il fatto che il 97% delle transazioni sono eseguite in contante e che solo il 55% degli indiani ha un conto in banca (e ci sono aree dove le banche sono lontanissime fisicamente) e che quei conti sono pochissimo movimentati, si capisce la misura del disastro indotto-voluto da questa manovra». Un disastro mistificato da slogan come “inclusione finanziaria” e “inclusione digitale”. «Insomma, il solito “nuovo che avanza”, il progresso, come ai tempi di Enrico VIII ed Elisabetta I lo erano le “enclosure” che gettavano nella miseria e nella disperazione i contadini inglesi che potevano solo andare a mendicare nelle città per farsi impiccare a schiere per via delle draconiane leggi contro l’accattonaggio e il vagabondaggio». Karl Marx sosteneva che la cosiddetta “accumulazione Raghuram Rajanoriginaria” del capitale si ripete ciclicamente, come al solito «grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro». Il perspicace “Hindustan Times titolava”: «Modi è come la regina Antonietta che diceva: Se non avete il pane mangiate le brioches».

Quali sono i vantaggi che le élite mondializzate intendono trarre dalla demonetizzazione forzata che per ora vediamo all’opera in India? Almeno tre. Il primo: «Ogni cittadino, almeno nelle intenzioni, sarà costretto a imprestare il grosso del denaro che possiede e che guadagna alle banche. Semplicemente perché per poter usare la “moneta di plastica” deve avere un conto in banca, e ogni volta che versa sul conto in banca fa un prestito alla banca stessa. Un drenaggio di ricchezza verso i soliti noti che già posseggono la quasi totalità del pianeta Terra». Secondo, la tracciabilità: «Ovvero il controllo capillare. Praticamente su tutto. Un potere immenso di sorveglianza». Terzo vantaggio, per l’élite finanziaria: «Il controllo tecnico-politico delle transazioni e quindi delle grandi istituzioni finanziarie e di conseguenza un controllo politico dei governi che fanno loro riferimento». In fondo, conclude Pagliani, a Maria Antonietta «tagliarono la testa per molto meno».

Fonte: Libre

Levin: gli Usa hanno interferito nelle elezioni in 45 paesi

Mentre infuriano le polemiche per le (del tutto presunte) interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane, “Vocativ” commenta una recente ricerca in cui si contano almeno 81 casi di interventi americani in 45 paesi, dal dopoguerra ad oggi, volti a condizionare l’esito delle elezioni politiche. E questo, senza contare i colpi di Stato militari promossi e organizzati dalla Casa Bianca. Scrive “Voci dall’Estero”: «Il motivo per cui – fingiamo pure che il fatto sussista – un certo establishment americano sta gridando allo scandalo e rialzando una cortina di ferro, non è altro che quello che lo stesso establishment americano ha sempre fatto verso il resto del mondo». Lo conferma un recentissimo studio, che mostra che l’America ha una lunga storia di ingerenze nelle elezioni in paesi stranieri, sintetizza Shane Dixon Kavanaugh su “Vocative”, prendendo spunto dalla clamorosa propaganda di Obama contro la Russia: 35 diplomatici espulsi e la richiesta di nuove sanzioni, in risposta a ciò che gli Usa ritengono essere una serie di cyber-attacchi condotti da Mosca durante la campagna presidenziale. Peccato che questa specialità – il pilotaggio delle elezioni altrui – sia un talento squisitamente statunitense.

Per la Cia, il Cremlino avrebbe tentato di aiutare Donald Trump a conquistare la presidenza? «Eppure, nessuno dei due paesi può dirsi estraneo a tentativi di ingerenza nelle elezioni di altri paesi». Gli Stati Uniti, per di più, vantano record ineguagliati in Obamaquesto campo: «Hanno una storia lunga e impressionante di tentativi di influenzare le elezioni presidenziali in altri paesi», scrive Shane Dixon Kavanaugh, in un post ripreso da “Voci dall’Estero” in cui si documentano i risultati del recente studio condotto da Dov Levin, ricercatore in scienze politiche dell’Università Carnegie-Mellon di Pittsburgh, Pennsylvania. E’ un fatto: gli Usa hanno «cercato di influenzare le elezioni in altri paesi per ben 81 volte tra il 1946 e il 2000». Spesso lo hanno fatto «agendo sotto copertura», con tentativi che «includono di tutto: da agenti operativi della Cia che hanno portato a termine con successo campagne presidenziali nelle Filippine negli anni ’50, al rilascio di informazioni riservate per danneggiare i marxisti sandinisti e capovolgere le elezioni in Nicaragua nel 1990». Facendo la somma, calcola Levin, gli Usa avrebbero condizionato le elezioni in non meno di 45 paesi in tutto il mondo, durante il periodo considerato. E nel caso di alcuni paesi, come l’Italia e il Giappone, gli Stati Uniti hanno cercato di intervenire «in almeno quattro distinte elezioni».

I dati di Levin, aggiunge Shane Dixon Kavanaugh, non includono i golpe militari o i rovesciamenti di regime che hanno seguito l’elezione di candidati contrari agli Stati Uniti, come ad esempio quando la Cia ha contribuito a rovesciare Mohammad Mosaddeq, il primo ministro democraticamente eletto in Iran nel 1953. Il ricercatore definisce l’interferenza elettorale come «un atto che comporta un certo costo ed è volto a stabilire il risultato delle elezioni a favore di una delle due parti». Secondo la sua ricerca, questo includerebbe: diffondere informazioni fuorvianti o propaganda, creare materiale utile alla campagna del partito o del candidato favorito, fornire o ritirare aiuti esteri e fare annunci pubblici per minacciare o favorire un certo Shane Dixon Kavanaughcandidato. «Spesso questo prevede dei finanziamenti segreti da parte degli Usa, come è avvenuto in alcune elezioni in Giappone, Libano, Italia e altri paesi».

Per costruire il suo database, Levin si è basato su documenti declassificati della stessa intelligence americana, come anche su una quantità di report del Congresso sull’attività della Cia. Ha poi esaminato ciò che considera resoconti affidabili della Cia e delle attività americane sotto copertura, nonché ricerche accademiche sull’intelligence statunitense, resoconti di diplomatici della guerra fredda e di ex funzionari sempre della Cia. «Gran parte delle ingerenze americane nei processi elettorali di altri paesi sono ben documentate, come quelle in Cile negli anni ’60 o ad Haiti negli anni ’90», senza contare il caso di Malta nel 1971: secondo lo studio di Levin, gli Usa avrebbero cercato di condizionare la piccola isola mediterranea strozzandone l’economia nei mesi precedenti all’elezione di quell’anno. «I risultati della ricerca suggeriscono che molte delle interferenze elettorali americane sarebbero avvenute durante gli anni della guerra fredda, in risposta all’influenza sovietica che andava espandendosi in altri paesi», sottolinea Shane Dixon Kavanaugh.

«Per essere chiari, gli Usa non sarebbero stati gli unici a cercare di determinare le elezioni all’estero. Secondo quanto riportato da Levin lo avrebbe fatto anche la Russia per 36 volte dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla fine del ventesimo secolo. Il numero totale degli interventi da parte di entrambi i paesi sarebbe stato dunque, in quel periodo, pari a 117». Eppure, anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica, avvenuto nel 1991, nonostante venisse a mancare l’alibi della guerra fredda, il grande nemico a Est, gli Stati Uniti «hanno continuato i propri interventi all’estero, prendendo di mira elezioni in Israele, nella ex Cecoslovacchia e nella stessa Russia nel 1996». In altre parole: se la Russia di Putin ha archiviato le attività “imperiali” dell’Urss, l’America ha invece raddoppiato la posta: secondo Levin, dal 2000 a oggi gli Usa hanno pesantemente interferito con le elezioni in Ucraina, Kenya, Libano e Afghanistan, per citarne solo alcuni dei paesi sottoposti alle “attenzioni elettorali” di Washington.

Fonte: LIBRE

Lo squallore di Obama, il bugiardo più pericoloso del mondo

Eh sì, ora potete verificare di persona che tipo di persona sia Barack Obama. E soprattutto potete rendervi conto di quanto importante e destabilizzante sia stata la vittoria di Trump, che ha posto fine a un lunghissimo periodo di potere esercitato da un gruppo elitario – neoconservatore ma non solo – che, ha dominato Washington, rovinando sia gli Usa sia il mondo. Circa tre settimane fa in un’intervista al blog di Beppe Grillo affermavo che l’establishment di Obama, che aveva le sue radici strategiche e ideologiche nell’amministrazione Bush, avrebbe fatto di tutto per mettere in difficoltà o addirittura impedire l’elezione di Trump. Avete visto cos’è successo negli Stati Uniti: manifestazioni di piazza, riconteggio dei voti in alcuni Stati, pressioni senza precedenti sui Grandi Elettori affinché rinnegassero il voto popolare. Tutto inutile, per fortuna. Per fermare Trump restano solo due modi: un colpo di stato parlamentare o l’eliminazione fisica. Entrambi non ipotizzabili, al momento.

La reazione scomposta di Obama in questi giorni, però, non rivela solo la stizza di un presidente uscente e la scarsa caratura di un uomo ampiamente sopravvalutato, evidenzia soprattutto la frustrazione di un clan che vede svanire il perseguimento dei Obamapropri obiettivi strategici. Infatti: gli Usa hanno perso la guerra in Siria, combattuta la fianco dei peggiori gruppi fondamentalisti. Nessun rappresentante dell’establishment uscente è stato eletto nei posti chiave dell’amministrazione Trump. La globalizzazione e il continuo smantellamento delle sovranità nazionali non sono più garantite, anzi rischiano di essere fermate da Trump che crede nei valori e negli interessi nazionali. L’obiettivo di conquistare il controllo dell’Eurasia, facendo cadere Putin, sostituendolo con un presidente filomaericano, è fallito; Putin oggi è più forte che mai. Persino Israele, che si è subito allineata a Trump, è diventata ostile. Il via libera alla Risoluzione Onu rappresenta un’inversione a “U” clamorosa e dai chiari intenti punitivi.

Le ultime decisioni dell’amministrazione Obama segnalano il tentativo di far deragliare il nuovo corso di Trump o perlomeno di metterlo in fortissima difficoltà sia con Israele, sia, soprattutto, con la Russia. La speranza segreta della Casa Bianca era che
Putin potesse cedere a una reazione impulsiva, tale da mettere davvero in imbarazzo Trump. E invece il presidente russo ha tenuto i nervi a posto. Anzi ha dato a Obama l’ennesima lezione di stile, rifiutandosi di espellere a propria volta 35 diplomatici americani. Le nuove sanzioni e l’espulsione di 35 diplomatici russi sono comunque un colpo basso, tale da provocare tensioni con il Congresso, ma non così gravi da far desistere Trump dall’avviare un nuovo corso con Putin. Quanto alle accuse di ingerenze russe nel voto americano sono risibili, pretestuose. Quel che conta, alla fine di un incredibile 2016, è la sostanza. Ovvero: il clan che ha governato l’America per almeno 16 anni lascia per la prima volta il potere. E chi si è opposto, dentro e fuori gli Usa, a politiche egemoniche autenticamente neoimperiali trova motivi di speranza. Ed è un’ottima notizia per il mondo.

(autore: Marcello Foa, “Che squallore Obama! Ora capite che uomo è (e perché Trump fa tanta paura)”, dal blog “Il Cuore del Mondo” su “Il Giornale” del 30 dicembre 2016).

Fonte: Libre

Barnard: si voti negli obitori, non è più l’Italia a decidere

«Il prossimo referendum costituzionale è una pagliacciata», per un semplice motivo: si vota su una Costituzione e un Parlamento che sono già «morti, decomposti, e 4 metri sotto terra». Paolo Barnard non ha dubbi: «Se vi dicessero la verità, i sostenitori (Renzi) e gli oppositori (Travaglio) il prossimo 4 dicembre dovrebbero mettere le urne negli obitori italiani, almeno sarebbe onesto». I Renzi e i Travaglio, con “stellati” al seguito? «Fanno sempre la stessa cosa: vi spacciano come questioni di vita o di morte delle pagliacciate del solito pollaio Italia in cui razzolano anche loro», che però «ci fanno carriere e fama». Attenzione: «Non vi indirizzano mai verso le verità fondamentali del mondo politico che conta davvero». Mettiamocelo in testa, insiste Barnard sul suo blog: si andrà a votare per un Parlamento che non conta più niente, e per una Costituzione già neutralizzata da tempo, «di fronte invece al reale potere legislativo e costituzionale che sta in Ue». Inutile girarci attorno: qualsiasi cosa decida l’Italia, dovrà prima avere l’ok da Bruxelles e Francoforte. Perché fingere che così non sia, dando tanta importanza ad un voto il cui esito sarà comunque condizionato, a monte, dal vero potere?

Punti di vista, naturalmente. C’è infatti chi ribalta il ragionamento: da qualche parte bisognerà pur cominciare, a dire “no”. Anche se, nell’offerta politica dell’Italia di oggi, non esiste nemmeno l’ombra di un vero Piano-B, alternativo alla “resa” del Paolo Barnardpaese, costretto a cedere la sua sovranità, secondo una fatale parabola: il divorzio tra Tesoro e Bankitalia firmato da Ciampi, l’adesione all’Unione Europea governata senza democrazia e l’ingresso nell’euro, moneta creata per devastare l’economia e produrre crisi. Dal canto suo, Barnard ricorda che il Trattato di Lisbona, che è “di fatto” la Costituzione Europea, «ha sancito la supremazia della legge dell’Ue sopra qualsiasi legislazione nazionale». Il Parlamento di Roma «non può più neppure decidere sulla legge di bilancio, senza che prima Renzi non l’abbia spedita a Bruxelles dalla Commissione Europea: ed è lei che decide sul testo finale, non Roma». Questo lo decreta un altro trattato, il “Semestre Europeo”. E, sempre secondo il Trattato di Lisbona, articolo 8c, «il Parlamento di Roma deve prima di tutto fare gli interessi della Ue in Italia, e solo dopo quelli nazionali».

«I nostri parlamentari – continua Barnard – hanno perso totalmente ogni discrezionalità di spesa e di tassazione, come un chirurgo che perda ospedale e bisturi, ed è accaduto quando la Ue ci ha costretti a mettere il pareggio di bilancio in Costituzione, cosa impostaci dal notorio Fiscal Compact». E ancora: «La Costituzione del 1948 è stata dichiarata di grado B rispetto alla legge europea dalla Corte Europea di Giustizia (parte del Trattato di Lisbona)», la quale decreta, testualmente: “Nell’opinione 1/91 della Corte Europea di Giustizia, i Trattati europei sono descritti coLibreme la Carta Costituzionale di una Comunità Legale, per il beneficio della quale i singoli Stati ora limitano i propri diritti sovrani”. Risultato: «Oggi abbiamo 26.560 leggi Ue più vincolanti rispetto a quelle votate dal Parlamento di Roma, 4.112 accordi che vincolano cittadini e aziende italiani, 10.337 verdetti della Corte Europea di Giustizia che vincolano le leggi e Costituzioni nazionali, 44.838 standard della
Ue che sopprimono gli standard nazionali». In totale, «più di 80.000 leggi e regolamenti Ue vincolanti, su cui il voto dell’elettore italiano non conta nulla».

Peraltro – sempre in ossequio ai poteri forti che dominano l’oligarchia europea – l’Italia ha già provveduto, nel tempo, a smantellare parte della Costituzione “nata dalla Resistenza”. Barnard la chiama «la defunta Costituzione italiana», anche per colpa dei sindacati, responsabili di «almeno 35 anni di mutande calate». Poi il colpo di grazia, con l’arrivo dei trattati Ue vincolanti e sovranazionali, cosa che ha «reso carta straccia» 17 articoli della nostra Carta del 1948. «Abbastanza», dice Barnard, per capire che «tutta ’sta immensa fanfara nazionale sul referendum è davvero un’idiozia montata come sempre per distrarre gli Italians polli da ciò che veramente ci fanno i Signori delle Guerre Ue, e per far le fortune di falsari come Renzi e Travaglio o stellati assortiti». Per non parlare delle ultime prese per i fondelli: «I risparmi millantati dalla riforma Renzi sono due soldi bucati, mentre la Ue ci succhia 58 miliardi all’anno per le sue follie, e oltre 300 miliardi all’anno in ricchezza nazionale per la disoccupazione italiana dovuta alle austerità e alla moneta unica». Il referendum del 4 dicembre? «Negli obitori fa freddo, andate a votare col cappotto, Italians».

Fonte: Libre

Scie chimiche, la Nasa: è vero, irroriamo i cieli con il litio

Scie chimiche: per anni il governo statunitense ha etichettato come complottisti coloro che manifestavano preoccupazione per le sostanze spruzzate nei cieli? Peccato che la Nasa «ha appena ammesso che i “complottisti” avevano ragione al 100%», scrive “Natural News” citando il “Waking Times”: la fonte si riferisce a Douglas Rowland, uno scienziato dell’ente aerospaziale americano che ha chiarito che l’agenzia sta addizionando con litio i gas di scarico dispersi nell’atmosfera. Non solo: il rilascio di litio è in corso sin dagli anni ‘70, dice Rowland in una telefonata registrata. Benché secondo il ricercatore il litio non sia dannoso per l’ambiente né pericoloso per l’uomo, annota “Natural News”, «questa sostanza è stata usata per decenni come farmaco psichiatrico: funziona alterando i livelli di serotonina e di norepinefrina che sono secreti dal sistema endocrino umano». Il litio quindi «altera fortemente gli schemi cerebrali». E i medici che lo prescrivono a pazienti psichiatrici «non capiscono come funzioni, o quali siano i dosaggi ottimali». E quindi, «come si può pensare che spruzzare grandi quantità di questa sostanza in modo indiscriminato nell’atmosfera possa essere una cosa positiva?».

Tutto viene fatto in nome della scienza, scrive “Natural News” in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. Sul suo sito web ufficiale, la Nasa dichiara di effettuare il rilascio del litio per studiare il movimento del vento nell’alta atmosfera, al fine di Chemtrailsanalizzare i dati sul gas caricato o ionizzato (chiamato “plasma”) e sul “gas neutrale” attraverso il quale transita. L’agenzia afferma che le variazioni contano, poiché tutti i Gps e i satelliti per le telecomunicazioni inviano i propri segnali attraverso la ionosfera, e «una ionosfera disturbata si traduce in segnali disturbati»; per questo è necessario sapere cosa fa agire la ionosfera in determinati modi. «Oltre al litio psicotropo – continua “Natural News” – altri hanno provato la somministrazione di vaccini via aerosol», ovvero «l’irrorazione di vaccini per via aerea sulle popolazioni a loro insaputa». Diverse migliaia di persone sarebbero state «vaccinate tramite aerosol “per molti anni” in Russia con “ceppi vivi attenuati contro molte malattie”». Inoltre, «sono state condotte vaste sperimentazioni sul campo in Sudamerica usando il vaccino vivo attenuato del morbillo, definite molto positive. Buoni risultati sono stati riportati anche utilizzando un aerosol per vaccinare contro l’influenza A».

«L’introduzione del vaccino per via aerea, che ripercorre meglio la via naturale di molte infezioni, potrebbe portare allo sviluppo dell’immunità al portale d’ingresso, e potrebbe anche indurre una difesa più generalizzata», sostengono i ricercatori. Recenti studi avrebbero inoltre rilevato che il metodo ottimale di vaccinazione sarebbe quello effettuato per aerosol attraverso il naso, sistema «che è considerato migliore per le popolazioni pediatrica e geriatrica». E il litio riasciato dagli aerei? «Non è un farmaco che dovrebbe essere spruzzato nell’atmosfera perché, ribadiamo, medici e scienziati non sanno realmente quali dosi siano efficaci e quali siano eccessive», scrive “Natural News”. Lo stesso Rowland, nella sua conversazione registrata, ha promesso di rispondere alle domande specifiche che dovesse ricevere via email. Ha anche detto che l’agenzia spaziale accoglie con favore queste richieste provenienti da cittadini comuni, visto che informare la gente è una delle missioni fondamentali della
Nasa. «Se questo è vero, allora perché gli altri funzionari governativi che lavorano presso agenzie-chiave hanno obbligo di silenzio sulle discussioni riguardanti le scie chimiche?».

Se non siete ancora pronti per credere che il governo americano sia capace di spargere litio attraverso le scie chimiche, conclude “Natural News”, basta prendere in esame un documento pubblico, classificato “Codice 840 Rmmo”, prodotto dal “Range and Mission Management Office” della base di Wallops. Un documento che «dovrebbe mettere a tacere ogni vostro dubbio», perché «definisce espressamente, in una dichiarazione di missione del 2013, che lo “scopo” del lancio è “testare i metodi di caricamento dei fusti di litio” da trasportare in missioni successive”». Si parla di “rapporto positivo dalla piattaforma ottica aerea delle immagini video e delle nuvole di litio visibili anche tramite osservazione da terra”. Tutto chiaro? «Il governo degli Stati Uniti ha trattato gli americani come cavie nel passato; sarebbe semplicemente ingenuo pensare che questa prassi sia stata interrotta».

Fonte: Libre